ABBAZIA CAMALDOLESE

Sul colle che anticamente veniva chiamato Monte Nibbio, l'imponente mole della Badia Camaldolese, spicca nel paesaggio suggestivo delle Balze e dei calanchi su cui si affaccia pericolosamente. La sua costruzione risale intorno all'anno 1030 per iniziativa del vescovo Gunfredo da Novara. L'edificio venne gestito e custodito, dai monaci benedettini fin quando nel 1113 aderirono all'ordine dei 'Camaldolesi', scegliendo di seguire la regola di san Romualdo. Nel corso dei secoli, sia il convento che la chiesa annessa, subirono svariati rifacimenti. Tra il 1638 e il 1650 furono fatti degli ampliamenti considerevoli, con l'aggiunta del grande chiostro e della cisterna centrale. All'interno dell'abbazia lavorarono grandi pittori come Giotto, Botticelli e il Ghirlandaio, anche se le loro opere sono disseminate in vari musei. Dei bravi artisti volterrani come Donato Mascagni e Baldassarre Franceschini, ancor oggi ne possiamo ammirare gli affreschi, nel refettorio della Badia, che raccontano la vita e i miracoli di san Giusto. Quando la vecchia chiesa di San Giusto in Prato Marzio, venne inghiottita dall'erosione delle Balze, la badia diventò sede della parrocchia di San Giusto, ma nel 1808 dovette essere abbandonata dai monaci, in seguito alla decisione di soppressione degli ordini religiosi da parte del governo napoleonico di occupazione. Anche se in numero minore i monaci poterono rientrare nel 1820, ma per l'incessante avanzare delle frane delle balze e per i danni provocati da un violento terremoto, nel 1861 abbandonarono definitivamente la loro abbazia.   

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